La Juventus ha vinto il suo nono scudetto. Consecutivo. La portata delle imprese di questa società, perché è della società che dobbiamo parlare, dal momento che giocatori e allenatori si sono avvicendati senza che il risultato cambiasse, è qualcosa che forse verrà meglio compreso negli anni a venire, perché di aggettivi come straordinario, unico o irripetibile ne abbiamo letti a iosa e forse non bastano più.
Quindi la società. Il merito delle imprese dei bianconeri è anzitutto della Juventus Football Club, in special modo nella persona di Andrea Agnelli e dei suoi stretti collaboratori. E solo successivamente dei vari Conte, Allegri, Sarri, Buffon, Barzagli, Chiellini, Bonucci, Pogba, Tevez, Dybala, Ronaldo e via dicendo. Perché è la società che li ha messi lì, che li ha scovati, ingaggiati, assemblati, pagati ma anche aiutati e coccolati.
A molti juventini doc storcerà il naso, perché le ultime scelte della dirigenza sono spesso state incomprensibili quando non avventate negli ultimi anni. Chi scrive non fa eccezione, perché sono tra quelli che più hanno criticato tali scelte per non averle mai afferrate e comprese del tutto, e perché si discostavano da una tradizione che voleva una gestione molto accorta, puntigliosa, severa e spesso prudente. Tutte cose che sono via via scomparse per lasciare il passo ad altre politiche aziendali.
La Juventus sta mutando pelle ormai da qualche anno per somigliare sempre più ad alcune big d’Europa, o meglio per tendere a quei modelli, e se da un lato ci riesce benissimo, quello della crescita degli utili, dell’espansione del brand e della diversificazione delle attività che producono i profitti e molto altro ancora, dall’altro alcune operazioni di player trading e relativi ingaggi lasciano piuttosto perplessi. In ultimo, la scelta dell’attuale tecnico Maurizio Sarri, mai ben accolto dalla tifoseria, è stata senz’altro coraggiosa ma anche rischiosa.
L’ultimo dei nove scudetti è stato probabilmente quello più sofferto e più strano, nell’anno in cui una pandemia ha fermato il mondo per mesi mietendo centinaia di migliaia di vittime e che ha per forza di cose spezzato in due tronconi il campionato, trasformandolo in un misto tra lo spensierato e fiacco calcio estivo e un mundialito. Valori saltati in aria e rimessi in gioco, tutto ha assunto una luce fioca e tenue che confonde le cose senza mai lasciarti scorgere con chiarezza cosa davvero stesse accadendo.
E abbiamo visto una Juventus arrancare, prendere una valanga di gol, farsi rimontare come nulla fosse partite in doppio vantaggio, senza più le sue storiche e stoiche certezze né identità precisa, ben lontana da quell’idea di nuovo e propositivo che tutti si aspettavano. Una Juventus smarrita e spezzata in due, tra vecchio e nuovo, tradizione e modernità, difesa e attacco. Probabilmente il tecnico ha una buona fetta di responsabilità per ciò che si è visto, anche se riesce difficile giudicare con lucidità un anno così assurdo, eppure… ha vinto. Anche la società ci ha messo del suo rinnovando giocatori in tarda età e perenni ospedalizzati a cifre inaudite, tentando di vendere il suo gioiello più prezioso per tutta la sessione precedente, eppure… ha vinto ancora. E i giocatori. Quanti insulti ho letto e pronunciato, scarponi, indolenti, pensionati, ex-calciatori, ruba-stipendi e chi più ne h più ne metta, eppure… hanno vinto. Di nuovo. Ancora.
Tutto questo per dire che io non sono qui per parlare dell’ultimo scudetto, ma dei nove. I nove consecutivi. E in tal senso non si può che esprimere un elogio profondo, sincero e colmo di gratitudine a questa società, a tutti i calciatori, dal più scarso e vituperato al massimo talento e beniamino delle folle, per questa inedita e spaventosa striscia di risultati che ha scavato un solco così profondo tra noi e nostri rivali da non poter più essere colmato. I nove consecutivi lasciano poco spazio a tutto il resto. Tutto il resto viene dopo i nove, e dopo i nove lo affronteremo.
Così come potremmo mettere da parte gli ultimi otto, ed esprimerci sul nono soltanto, sradicandolo dalla striscia e giudicandolo come elemento a sé stante. Se pur può apparire come un esercizio crudele e fine a se stesso, non lo è, perché proprio come ripete Andrea Agnelli ogni anno dopo la vittoria di un titolo, il solo numero che ci interessa è lo zero. Perché la Juve 2020/2021 ha zero punti in campionato, zero punti nel girone di Champions League, zero gol e zero vittorie in Coppa Italia. E da quello zero che si riparte tutte le volte, l’attimo dopo aver alzato un trofeo. Pertanto, in quest’ottica, saremmo sciocchi a farci abbagliare dall’impresa inenarrabile dei nove, il nostro dovere è guardare al presente per costruire il prossimo futuro.
Se vogliamo continuare a sognare, a immaginare l’inimmaginabile, il decimo, o la coppa dalle grandi orecchie, è il momento di assumersi le responsabilità e capire cosa non va bene per porvi rimedio attraverso una strategia seria, perché il fatto che ci sia qualcosa che scricchioli sinistramente è più che evidente. Per cui grazie Andrea Agnelli, grazie Juventus Football Club, eternamente grati e commossi, ma adesso al lavoro.