AD10S, Diego.

AD10S, Diego.

Oggi è un giorno tristissimo per il mondo del calcio, che perde uno dei più grandi campioni che mai abbia calcato un rettangolo verde. Diego Armando Maradona si è spento a soli 60 anni per un arresto cardiaco. Lo stesso giorno di Fidel Castro, suo grande amico.

È difficile scrivere di Diego, un campione oltre ogni immaginazione dentro un uomo così fragile. La sua vita privata è stata costellata di episodi discutibili, ma non è per quello che tutti ce lo ricordiamo. Ce lo ricordiamo per quello che sapeva fare dentro un campo di calcio, da quando ci ha messo il suo piede sinistro magico la prima volta, da bambino, fino a quando ci è rimasto.

Il campione non è discutibile invece, è assoluto, puro, limpido e cristallino. Un talento ineguagliabile e un carisma immenso. Chi vi scrive oggi ha amato infinitamente quel calciatore, quanto ha biasimato l’uomo di vetro che era fuori dai campi di gioco. Diego è stato, e sarà per sempre, il sogno di ogni bambino che corre dietro a un pallone sotto casa con una maglia col 10 sulle spalle.

Quel 10 che ha vestito con i club in cui ha giocato, e con la nazionale che più lo ha portato in alto. Il 10 della sua Argentina. Della mano de dios e del gol del secolo. Della coppa del mondo, tra le sue braccia e bagnata delle sue lacrime. Diego ha giocato in un epoca piena zeppa di campioni incredibili, che lui stesso ha più volte omaggiato, l’era di Platini, Zico, Matthaus, Gullit e Van Basten. Giocatori impareggiabili, ma nessuno come lui, come loro stessi, tutti, sapevano.

L’unico col quale si è conteso lo scettro di migliore della storia è il solo Pelé, dei rivali storici verdeoro. Io non ho mai visto giocare Pelé, solo quei fimati in bianco e nero che non gli rendono giustizia. Ma chi c’era, chi lo ha visto, assicura che il ragazzo di  Três Corações era mostruoso. E io ci credo. E l’eterno dualismo, Maradona o Pelé resta come il più simbolico e vivace dibattito della storia del calcio e forse di tutto lo sport.

E la cosa bella è che non ha importanza chi la spunta tra i due, perché nessuno l’ha spuntata fino a oggi e quindi nessuno la spunterà mai. Quel dualismo è destinato a restare eterno, come i gesti di questi campioni, così diversi, così lontani. Il bravo ragazzo e il ribelle. Come non ha importanza quale squadra abbiamo tifato nella nostra vita, perché un campione di quella levatura è oltre ogni colore. È calcio, è sport, è bellezza e grazia.

Lo ricordiamo così, nella foto con quell’abbraccio con Platini, simbolo delle cose che più amiamo dello sport, che è rivalità, tifo, agonismo, ma anche estetica, bellezza, rispetto e perfino amore. Quindi chiunque abbia amato un pallone dovrebbe solo ringraziare Diego per tutto quello che ci ha fatto vedere. Ed è proprio quello che vogliamo fare, dire grazie Diego, grazie Diez, nessuno ti dimenticherà mai. E trova finalmente la tua pace.

Ad10s.