Che fosse lampante quale sarebbe stata la Juventus di questa stagione lo avevamo capito già da qualche tempo. Ma i giocatori ci tengono a ricordarcelo ogni volta che vanno in campo, e spostano la lancetta verso il basso ogni volta un po’ di più, anche quando pare che sia arrivato il fondo-corsa, e scopriamo invece che no, c’è ancora spazio, si può fare peggio.
La rivalsa dopo Benevento si è impietosamente disciolta come neve al sole al fischio d’inizio. Dal calcio liquido alla Juventus liquida, liquefatta, sciolta. Il passo è stato più breve del previsto. Una squadra che non è più squadra, un progetto concepito male fin dalle fondamenta, che finisce inevitabilmente per rivelarsi nella sua mesta e disastrosa materializzazione.
Sarebbe inutile e quasi sadico mettersi a fare qui l’elenco degli orrori individuali, o considerazioni tecniche e tattiche sulla partita. Ci troviamo di fronte a una cosa sola e semplice: l’assenza. Assenza di progetto, di qualità, di carattere, orgoglio, identità, idee. Una Juve sgangherata che è diventata un contenitore vuoto. Così come è ormai inutile fare l’autopsia di questo cadavere per risalire alle ragioni della dipartita.
Quando una stagione va male fino a questo punto, c’è poco da mettersi a cercare col microscopio e vivisezionare, è tutto sbagliato, dall’inizio alla fine. Tutto da rivedere, tutto in discussione. L’aspetto positivo è uno: che quando hai un contenitore vuoto, puoi riempirlo di quello che vuoi. Quello negativo è che nell’era del Covid e delle economie disastrate, è molto difficile mettere in pratica un profondo reset.
Non vediamo l’ora che arrivi giugno, per sapere cosa accadrà. Cosa ne sarà della Juventus, se anche l’idea di tornare a vedere le partite il giovedì è tutto fuorché entusiasmante. Ma non è detto che vada così. Possiamo aspettarci tutto, di giocare ancora il mercoledì, o di non giocare affatto durante la settimana. Questa Juve è capace di tutto, ma da qualsiasi punto lo si faccia, si dovrà ripartire.
