Nel giorno in cui gli acerrimi nemici ci festeggiano lo scudetto in faccia, scucendolo dalle nostre maglie capitanati dall’odiato ex-condotttiero (e pure l’ex dirigente messo alla porta), la Juventus si presenta a Udine con Bernardeschi. È anche il giorno in cui le dirette rivali per la corsa Champions, Napoli e Atalanta, pareggiano, mentre il Milan vince. Insomma di motivazioni per mordere il campo e spaccare la partita in quattro ce ne sarebbero a bizzeffe.
Eppure non un moto d’orgoglio, una parvenza di rabbia o sano agonismo, una flebile traccia di aggressività e determinazione. La Juve fa la stessa cosa (male) da settembre, ed è decisa e ferma nel portare avanti questo scempio fino all’ultimo minuto di questo meraviglioso campionato. Fino alla fine, si dice. Al netto del fatto che visto il calendario e vista soprattuto la Juventus, il quarto posto stava già tra il miraggio e il miracolo, evidentemente i ragazzi nemmeno hanno voglia di coltivare l’illusione oggi.
L’orchestra continua a suonare mentre la nave affonda. Sì, ringraziamo di cuore per i nove anni irripetibili, prima o poi sarebbe dovuta finire, ma in questo modo è davvero indecente. Avessimo perso l’anno dell’albergo del Napoli, nessuno avrebbe avuto da recriminare, ma fare un regalo di questa portata al duo Marotta-Conte è un capolavoro al contrario di quelli sopraffini. Inanellare tutte le scelte suicide una sull’altra con tale metodica precisione, non era semplicissimo.

Una Juventus che abdica non solo al campionato o alla Champions, ma a sé stessa. I giocatori sembra si siano incontrati la prima volta questo pomeriggio, alcuni sembra persino che per la prima volta si confrontino con questo strano manufatto dell’ingegno umano: il pallone. Anche l’uomo a bordo campo pare capitato lì per caso e non capire cosa sta accadendo intorno a lui, ogni tanto dice qualcosa, forse chiede informazioni su come uscire da quel luogo così strano e poco familiare.
Resta l’impressione che qualsiasi squadra di qualsiasi caratura si sia affrontata in questa stagione, sia sembrata sempre più squadra di questa Juventus. Che ha avuto il solo pregio di destare i dormienti e rivitalizzare i moribondi. Sistematicamente incartati anche dalla più inferiore delle formazioni avversarie, facendo sembrare Becão e Walace come Sergio Ramos e Modrić. Sono i resti della Juventus dei 9 anni, nemmeno tanto amabili, mentre aspettiamo Dybala-Godot. E la Superlega.
Rimangono quattro partite che si fa fatica a voler seguire, anche con l’obiettivo in gioco, e preferiremmo saltare direttamente alla prossima, con la speranza viva di poterci gustare un cataclisma estivo sulla società intera, per capire se rivoluzione sarà e in che modo. Tutti cedibili, tutti in discussione, una volta tanto non dovrebbero essere frasi fatte e di circostanza, ma una promessa scritta col fuoco, perché tutti vorrebbero indietro la Juventus, al posto della pallida ombra vista fin qui.

Come dite? Abbiamo vinto? Ah, okay, ma vale tutto lo stesso.