Euro 2020, Italia in finale!

Euro 2020, Italia in finale!

Si può dire quel che si vuole del Mancio, ma per quanto è riuscito a raccogliere sin qui meriterebbe già una statua. Ha preso l’italia all’anno zero, le macerie del post-Ventura e dell’umiliazione profonda del mancato mondiale, è arrivato primo in ogni torneo di qualificazione (europei e mondiali), primo in Nations League e adesso… in finale a Euro 2020. Sì, finale. Ricordandoci da dove siamo partiti, mica robetta.

E ha fatto tutto questo lasciando vedere spesso un bel gioco, roba che non si vedeva da Azeglio Vicini. E per chi come me quelle Notti Magiche le ha vissute da bambino sognante non è poca cosa. È vero, contro Belgio e Spagna (in parte anche con l’ostica Austria) quel gioco non si è potuto vedere, anche per merito degli avversari. Ma ha dimostrato di non essere un integralista e sapersi adattare.

Al calcio saper soffrire è un pregio. In oltre, per una squadra probabilmente priva di campioni, tutto l’opposto dell’ultima che vinse nel 2006 e che ne era zeppa, il gioco, lo spirito di coesione, e tutti i dettagli psicologici e caratteriali immaginabili, fanno la differenza. Se non c’è un Del Piero o un Totti, ci vuole il carattere, gli attributi, lo spirito e tutta quella roba lì. Altrimenti non si arriva da nessuna parte.

Eccetto Chiesa (spaventoso) e Donnarumma, forse un pelo sopra tutti ma non ancora iscritti al rango dei campioni, c’è poi la coppia di ferro Chiellini-Bonucci ancora a far legna. Il resto è costituito da buoni o anche ottimi giocatori e giovani di belle speranze. Con qualche mediocre. Non era facile estrarre tutto questo succo da un frutto così acerbo, eppure siamo lì.

Così andiamo ancora in finale, e cantiamo Notti Magiche trent’anni dopo Baggio & Schillaci, e questo vorrà dire senz’altro che stiamo invecchiando, ma anche che quello che emoziona del calcio è in fondo sempre la stessa cosa. Gli anni passano, le mode cambiano, cambia lo sport ed evolve, ma alcune cose rimangono sempre uguali. Aggiungerei per fortuna (forse).

Due parole per quel Lord che risponde al nome di Louis Enrique, che in poche parole nel post gara ha insegnato a tutti i tristi commedianti del calcio e del giornalismo, cosa significa la parola sport. Ci tocca una tra Inghilterra e Danimarca, la prima strafavorita e con il matchclou in casa, la seconda una outsider da non sottovalutare. Ma a questo punto, va bene tutto. E che il cielo sia azzurro su Wembley.

Arrivederci.