Ode ai giochi olimpici

Ode ai giochi olimpici

E ogni volta aspetto 4 anni. 1460 giorni. 8760 ore. Per vedere una cosa che dura 9,8 secondi. 9,8 secondi di pura energia e poesia. Ma questa volta è stata la più bella di tutte.

Prima di arrivare a Marcell Jacobs però, voglio dire qualcos’altro: non c’è niente come le Olimpiadi per un appassionato di sport. È un periodo magico, unico. Un periodo assurdo nel quale puoi accendere la Tv a qualsiasi ora e c’è sempre qualcosa di superfigo da guardare. Anche (e forse soprattuto) le robe che non guardi mai.

Il tiro con l’arco. Lo skateboard. Il canottaggio e la scherma. Tutto il nuoto. E poi i combattimenti, judo, taekwondo, boxe, lotta greco-romana. E la ginnastica e le squadre, volley, basket, calcio. Il tennis! Dio, il tennis. E quando arriva l’atletica la cosa si fa imbarazzante. Salto triplo e salto in lungo.

Salto con l’asta, salto in alto, 100, 200, 400, 800, 10.000 metri. Maschili, femmili, staffette, misti (la novità di quest’anno, molto interessante). Lancio del peso, del disco, del giavellotto. Potrei continuare fino ad esaurire l’elenco. Guardo tutto, persino golf e kayak (ma non il dressage, unica eccezione).

Colto da bulimia sportiva, non c’è roba che accetti di perdermi. Sono lì, ora, e sto vedendo la storia davanti ai miei occhi. Come potrei fare qualcos’altro? Magari mi perdo il prossimo record frantumato, la prossima storia di sangue, sudore e lacrime. Di gioia e di dolore, infortuni e sconfitte. Sono le Olimpiadi, la cosa più figa che c’è al mondo, se parliamo di sport. Irresistibile.

Naturalmente ho le mie preferenze storiche, il nuoto e i tuffi, tutti gli sport da combattimento, buona parte degli sport di squadra, il tennis e l’atletica. Ma personalmente, il clou dei giochi olimpici per me sono sempre stati quei 9,x secondi, la finale dei 100 metri. La competizione più breve nel mondo dello sport, una esplosione violenta di energia allo stato puro.

Un distillato di sport d’autore. Una poesia. Ma c’è di più. Sono ovviamente uno sfegatato tifoso dei colori italiani, i nostri colori, tuttavia durante i giochi olimpici questo dato diventa relativamente importante. C’è troppo gusto nel vedere tutte quelle discipline meravigliose, incluse le molte in cui noi italiani storicamente non brilliamo.

Ma è troppo bello vederle, e vedere ogni angolo di mondo, dai colossi come gli Stati Uniti alle più sperdute isole come Saint Kitts & Nevis. E poi Malesia, Barbados, Guadalupa, Bielorussia, Taiwan, Kirghizistan e Cuba. Il mondo intero scorre davanti ai tuoi occhi. Quindi seguo con uguale gusto e partecipazione anche tutte quelle robe dove di solito non trovi un italiano manco a pagarlo.

Come (appunto) i 100 metri! Forse la mia gara preferita in assoluto. Potete immaginare cosa ha significato per me assistere a quella gara con un italiano in finale. E con un italiano che vince. Roba da mandare in tilt ogni sinapsi. Qualcosa che se ci penso troppo, rischio di fottermi il cervello! Un momento di estasi sportiva difficilmente raggiungibile. Prima della gara, pensavo che Jacobs si era già meritato un busto in marmo. Un posto nella storia. A pochi attimi dalla partenza pensavo che se mai per caso fosse arrivato a medaglia di bronzo, una statua sarebbe stata un equo tributo.

Invece ha vinto. E quindi poco importa se il medagliere italiano langue o potrebbe essere migliore. Se il Coni e tutto il movimento sportivo italiano è fatto di inetti e dovrebbero andare a farsi fottere. Non importa. Chissene, sono le Olimpiadi baby! Okay l’Italia, ma santiddio c’è l’intero universo creato laggiù. E una lezione costante di sportività, fairplay vero, rispetto e uguaglianza. Sotto questo aspetto, i giochi olimpici sono uno spettacolo che rende davvero misero il nostro amatissimo calcio, coi suoi trucchetti, furberie, antistorici campanilismi e lotte di potere.

Le Olimpiadi sono una pausa detox che ti rimette in pace col mondo e con lo sport intero. Con la nostra cultura calciocentrica. E poi posso dire io c’ero, quando Marcell Jacobs vinse l’oro nei 100. L’oro nei 100. Roba che manco Abebe Bikila scalzo a Roma nel 1960. O i pugni alzati di Tommie Smith e John Carlos in Messico nel ’68. Questa è roba forte. Roba da urlo.

Lamont Marcell Jacobs, oro nei 100. Io c’ero.

Grazie giochi olimpici, se potessi correrei ad abbracciarvi. Proprio tutti.