Arancia Metalmeccanica

Arancia Metalmeccanica

Questo è un articolo di fantacalcio. Due volte, forse tre volte fanta, visto che siamo molto lontani dalla stagione dei trasferimenti (compresa quella, brevissima e irrilevante, di gennaio) e che si parlerà di un giocatore che nemmeno i più spericolati inventori di notizie hanno mai accostato alla Juve: Frenkie de Jong. Fantasia allo stato puro, quindi. Per la cronaca: un mio conoscente che per un po’ ha lavorato al sito di un noto quotidiano sportivo nazionale era solito sentire il suo caporedattore fargli questa richiesta ogni due o tre giorni: “ehi, spara una bomba di mercato!”. Così, a caso. Tipo De Jong alla Juve. Perché no?

I protagonisti di questa storia si muovono nel mezzo di uno strano triangolo: Torino, Barcellona, Amsterdam. La leggenda vuole che l’Olanda di Rinus Michels e l’Ajax del cigno col 14 sulle spalle, il divino Johann Crujiff, abbiano cambiato per sempre la storia del calcio. Vero o falso che sia, la storia ha consolidato un legame speciale tra Amsterdam e Barcellona, così speciale che nemmeno il Milan olandese di Sacchi può rivendicare una liason simbolica così forte. Michels, Cruijff, Rikaard, Van Gaal hanno allenato e vinto nel Barcellona. L’imprinting orange è così potente che la Masia ha partorito l’allenatore più olandese di tutti: Pep Guardiola.

Alla fine di gennaio 2019, proprio Guardiola riceve una telefonata da Frenkie de Jong. Il centrocampista olandese, a conclusione di una stagione magica con l’Ajax, ha sciolto i dubbi che lo avevano agitato negli ultimi mesi. Barça e Manchester City stanno lottando per ingaggiarlo, una battaglia di soldi e seduzione – come l’ha definita Santiago Segurola su El Pais – per uno dei giocatori più promettenti del calcio europeo. Quella sera, De Jong gli telefonò per dirgli che aveva deciso per il Barça. A quanto pare, Guardiola non nascose il suo disappunto, ma poi aggiunse: “Il Barça è sempre un’ottima destinazione”.

All’inizio del suo terzo anno in blaugrana, però, i malumori sull’astro nascente del calcio olandese ed europeo diventano sempre più espliciti e rumorosi. de Jong è costato al Barcellona oltre 80 milioni di euro. Sembrava il fichaje della svolta, invece il povero Frankie si ritrova a fare da parafulmine in una squadra che ha perso in due anni Suarez, Messi e Griezmann e che si aspettava da lui più di quanto è riuscito a dare. La prestazione sotto tono nel derby spagnolo perso con il Madrid (sostituito a un quarto d’ora dalla fine) ha nuovamente dato la stura alle critiche: segna troppo poco (un gol ogni dieci partite in media), non sforna assist, non dimostra abbastanza leadership, non emerge in un ruolo preciso.

Sembrerebbe il ritratto di Bentancur. Quasi quasi, potrebbe aver senso un nuovo scambio col Barcellona, non fosse che da quelle parti il ricordo nefasto di Pjanic è ancora scottante. In ogni caso, è qui che compare il terzo vertice del triangolo, Torino. Da queste si è sempre badato al sodo. Agnelli diceva che la virtù principale degli operai della Fiat non erano le competenze tecniche ma la disciplina, una cosa del genere basta da sola a spiegare quasi tutto di una cultura aziendale che arriva a definire Zidane “più bello che utile” e che ha contagiato anche molta tifoseria, orgogliosamente risultatista e refrattaria ad ogni retorica sul bel gioco. 

Non sarà un caso se di arancione non se n’è praticamente mai visto sulle sponde del Po, fatta eccezione per la gloriosa parentesi bianconera di Edgard Davids. Ma è anche vero che pure a Barcellona gli innesti da Amsterdam, benché molto più numerosi, non sempre hanno attecchito così bene. De Boer, Litmanen, Kluivert, Overmars, Reiziger, Bogarde, Afellay: nessuno ha mai scatenato entusiasmi assoluti e oggi, di fronte all’enigma de Jong, a Barcellona qualcuno si chiede se il legame olandese non sia un po’ sopravvalutato. Un conto è aderire a una scuola, un conto pensare che chiunque proviene da quella scuola debba replicare le stesse imprese in un contesto diverso.

Questo, ovviamente, dovrebbe valere ancora di più in un contesto radicalmente diverso come è, o sembrerebbe essere, quello torinese, specie dopo il ritorno al potere della filosofia del corto muso. Eppure. Eppure questo è solo un insignificante pezzo di fantacalcio. Quindi perché non immaginare che invece di perdere a fine stagione il più forte difensore del mondo non lo si faccia contento portando in bianconero anche il suo amico Frenkie?