Dunque. Premesso che la prospettiva di altri tre anni di gioco allegriano mi impensierisce non poco, la domanda che mi pongo in questi giorni, e me la pongo da tifoso medio che non riesce minimamente ad appassionarsi alle questioni di bilancio in quanto tali, è più o meno la seguente: il colpo Vlahović è la pietra angolare di una nuova strategia di medio-lungo periodo – una strategia chiara, meditata e ragionevole – o è l’equivalente di un pallone buttato in area e-poi-qualcosa-succederà?
Il dubbio è legittimo. La somiglianza tra il gioco che troppo spesso la Juve di Allegri esprime in campo e certe politiche di mercato della società è, in effetti, abbastanza inquietante: in ambo i casi la filosofia sembra essere quella del carpe diem, del cogli l’occasione, del casino organizzato, del palla avanti e vediamo come va. È un affresco un po’ caricaturale, ma converrete che c’è del vero.
Ora, per quel poco che può significare lungo termine in ambito calcistico, il colpo Vlahović – e che sia un colpo, un gran bel colpo, è fuor di dubbio – è finalmente parte di una strategia coerente? Si pone in continuità o in discontinuità con il recente passato?
L’esito fallimentare del faraonico investimento su Cristiano Ronaldo dovrebbe aver insegnato qualcosa. Già la scommessa su Higuaín (la chiamo scommessa: chiedo scusa ma davvero è più forte di me, non ce la faccio a usare l’espressione all-in) pareva un magnifico – o folle – colpo di testa più che una scelta ponderata dentro un percorso di crescita.
Con il portoghese la scusa è il Covid-19. Senza dubbio. Abbiamo avuto la sfiga cosmica di veder implodere l’intero sistema calcio, e con lui ogni speranza di un ritorno ragionevole sull’investimento, nel momento esatto in cui abbiamo fatto lo sforzo enorme di accaparrarci i servizi del giocatore più noto e forse più forte del pianeta. Per certi versi abbiamo messo CR7 sul trono, con tanto di scettro tempestato di diamanti, di un regno in sfacelo.
In verità l’anno successivo abbiamo fatto una nuova, costosissima scommessa: Matthijs de Ligt, l’uomo deputato, oggi, a fare spazio a Vlahović, non in campo ma nel bilancio aziendale. Insomma forse ci abbiamo anche provato a costruire una squadra attorno a CR7, ma è andata male. Vale però la pena ricordare che la scelta di Sarri avviene quando a pandemia è al di là da venire.
Possiamo dirci più penalizzati di altri dal Covid-19, ma la pandemia c’è stata per tutti e il viaggio di andata e ritorno Allegri-Sarri-Pirlo-Allegri(condito dai ritorni forzati di Higuaín prima, De Sciglio, Rugani e Perin poi) tutto indica tranne che chiarezza di idee e di intenti.
Vlahović è un bel segnale, perché assecondare il momento no con scelte di assoluta austerità significherebbe arrendersi alla situazione e alimentare un circolo vizioso. Ora si facciano anche scelte dolorose, se necessarie, ma lungimiranti e non inutilmente masochiste. La volontà di Vlahović di vestire bianconero è incoraggiante, ma è vitale che gli si costruisca intorno una squadra che non trasformi anche lui in un assegno che cammina.
