Le giuste aspettative

Le giuste aspettative

Mi è toccato passare il pre cena con palpitazioni da tachicardia grazie al finale di Empoli-Juve, perché se è vero che perdere un partita nei minuti finali è una disdetta, la vera e più grande beffa è subire il pareggio nei paraggi del 90º: la vittoria che svanisce da sotto al naso è un atroce groviglio di sofferenza, delusione, rimpianti e “what if”.

E allora quando le pulsazioni tornano battiti, si guardano i 3 punti, e una volta sicuri che siano reali partono i processi e le critiche, i rimproveri e gli improperi, come dopo lo spavento passato per uno scherzo subìto, partono gli inseguimenti e gli insulti a mandanti ed esecutori. 

A mente fredda però, cosa è realistico attendersi da questa Juventus?

Alla sesta partita in 18 giorni, coi pezzi che cadono chilometro dopo chilometro manco fosse la Dodge Monaco Sedan Pursuit berlina di Jake e Elwood Blues, la squadra di Allegri arranca, colpisce e subisce, le dà e le prende come un pugile suonato, ma ancora in pista. 

Va detto che questa squadra gioca molto – forse troppo – bassa, portandosi costantemente il pericolo in casa: se lasci la possibilità all’avversario di palleggiare a 20 metri dalla porta senza nemmeno dover fare fatica per arrivare fin lì, è molto probabile che prima o poi il livello di rischio diventerà ingestibile, e non sempre una scivolata di deLigt o il capoccione di Bonucci potranno salvare la situazione. O non sempre l’avversario sarà l’Empoli

Allegri ha sistemato la fase difensiva, ma i rischi sono ancora tanti, troppi forse. 

Nell’altro emisfero invece la strategia d’attacco prevede troppo spesso il lancio lungo sul centravanti e questo complica la vita al ricevitore (e semplifica quella del difensore); inoltre abbiamo visto come, se metti la palla vicino alla porta, anche quelli col raffreddore che smorza il fiuto da gol (leggi Kean) riescono a metterla dentro.

Insomma c’è un modo per semplificare la vita agli attaccanti , rendere più efficace la fase offensiva. C’è un modo, e bisogna favorire gli attaccanti, magari sganciando Locatelli, provandolo più spesso in coppia con Arthur (bene sabato sera), una opzione che adesso pare obbligata, vista la moria che colpisce la Juve regolarmente in questo periodo dell’anno. 

Però esistono mille “però” da mettere sulla bilancia: l’andamento di questa stagione, la ruggine che Allegri ha dimostrato di avere faticando a trovare una quadra con una rosa incompleta ma di livello, i rinforzi (e che rinforzi), gli infortuni che hanno messo fuori causa giocatori centrali al progetto, un po’ di sfortuna, che si accolla sempre nelle stagioni che nascono storte. 

Bisogna quanto mai essere pragmatici, specie in annate come queste e badare al sodo, che è il quarto posto: conta solo questo. E tutto ciò che arriva in più sarà di guadagno, in una stagione che non ricorderemo tra le più brillanti, ma che potrebbe passare alla storia come quella della ripartenza