«Signor mozzo, io non vedo niente»

«Signor mozzo, io non vedo niente»

Io non lo so se la Juve è il Titanic, di certo del suo motore di un milione di cavalli (ops) che al posto degli zoccoli hanno le ali è rimasto assai poco, sul ponte non c’è più l’orchestra che suona né il biondo che fa il trenino, ma di pezzi di ghiaccio semisommersi che le galleggiano attorno ce ne sono parecchi e il primo incrocerà la nostra rotta fra due giorni.
Soprattutto, non si capisce di quale capitano dovrebbero essere i muscoli, perché la Juve oggi pare più una Concordia adagiata con uno Schettino ammarato che un poderoso transatlantico in viaggio verso un brindisi tintinnante.

Di sicuro, il capitano non può essere la nuova dirigenza, composta da gente senza dubbio preparatissima ad un fitto confronto in punta di diritto con le varie giustizie che si scateneranno di qui a breve e, si spera, adeguata ad una ricostruzione strutturale attenta alle necessità aziendali e alle richieste della proprietà, ma priva delle necessarie competenze per avviare un progetto tecnico.
Altrettanto sicuramente non ci sono soldi e, da quello che è stato detto, nessuno ce li metterà.
Una situazione economica che si aggraverebbe fallendo (per risultati o sentenze) l’obiettivo dichiarato (?), quella qualificazione Champions che ormai è una trasfusione per mantenerci in vita.

La Juventus oggi, almeno all’apparenza (manca la riprova con un altro tecnico), è una squadra con grossi punti deboli: ruoli vacanti, tasso tecnico inadeguato in alcuni degli interpreti e carenza di mentalità.
A giugno saluteranno probabilmente Rabiot, Cuadrado e Sandro, oltre a Paredes e Di Maria che potrebbero non essere riscattati (ogni tanto una buona notizia). Titolari che dovranno essere rimpiazzati e che si aggiungono a quelli che già mancano. Per tacer di Pinsoglio. Zioporcone.
Non si potranno investire dollaroni sul mercato, a meno di cedere quei due o tre pezzi di argenteria che ancora non si sono eccessivamente svalutati, fermo restando che anche loro poi dovranno essere sostituiti.
Ma è evidente che se vendi Vlahović non lo fai per prendere Håland.

Come diceva quel cinese, la situazione è propizia. A volerla e, soprattutto, saperla sfruttare.
A questo punto ci sono solo due rotte percorribili (scarto volutamente l’idea della cessione della carretta del mare al meno peggior offerente): continuare a mettere toppe all’opera morta prolungando l’agonia, oppure la ricostruzione dal basso dell’opera viva.
Ma sono due rotte in cui non può farci da timoniere un DG ad interim (anche se solo per questioni burocratiche, oggi la conferma che ha abbandonato il ruolo, rendendo una poltrona nuovamente vacante), che di questo odore di mare morto non ne capisce nulla.

In questo momento l’unica figura che sembrerebbe essersi rafforzata è quella di Acciuga. Per il contratto blindatissimo, per quel minimo di continuità aziendale, fino all’altro giorno anche per la striscia di risultati (la maggior parte dei quali arrivata per un fenomenale allineamento dei pianeti contro squadre che si giocano la permanenza in A), ma soprattutto perché lui sa come si vince.
E questo è un primo campanello di allarme.
Logica imprenditoriale del settore vorrebbe una catena con la Proprietà che definisce obiettivi e budget e indica un AD, il quale a sua volta sceglierà un DG/DS che identificherà lo staff tecnico.
Ma l’AD nella sua rubrica personale non credo abbia molti riferimenti a parte Stadio Olimpico/Olimpico Stadio.
Potrebbe scegliere dal catalogo Tizio perché con quella squadra ha fatto un sacco di soldi, Caio perché con quell’altra ha vinto un sacco di roba, o Sempronio perché è l’unico rimasto. Ma non è detto che siano figure adeguate al contesto della Juve, forse non al momento giusto nel posto giusto.
Una figura esterna sarebbe l’unica buona notizia, senza vincoli di appartenenza al club, di rispetto del suo cazzo di DNA e, soprattuto, di rapporti amicali con alcuni degli stipendiati, in grado quindi di disinnescare certi rapporti di forza che oggi appaiono evidenti.
Cherubini è difficilmente giudicabile: vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro in preda al delirio mistico, ha fatto quello che poteva e/o che gli è stato chiesto, non avendo forse sufficiente forza per opporsi a un padre padrone, ad un tecnico da 7+2 l’anno o a un ganassa che apre porte e lancia nomi a cazzo, ed imporsi con le sue scelte.

Oppure, l’AD potrebbe affidarsi a chi già c’è. Sempre Quello che sa come si vince, appunto.
È un modo per togliersi un problema di cui non conosce grammatica e soluzioni e focalizzarsi su quelli di sua competenza.
Ma la figura di Allegri come padrone del futuro tecnico è quanto di più drammatico, a mio giudizio: ha mostrato tutti i suoi limiti, ben oltre quelli attuali dovuti ad una congiuntura che è l’unione di sfiga e incompetenza, agire sul mercato in funzione di rafforzare il suo credo calcistico sarebbe una catastrofe.
Indubbiamente l’indisponibilità di molti uomini ha imposto una brusca virata, con il passaggio dallo sbandierato 433 di inizio stagione al filo di tormentina per riparare in rada viste le condizioni del tempo con il comodo 352, ma ciò non toglie che il suo 433 o il suo 352 restino comunque due visioni antiche di un calcio che ormai solo in periferia può togliersi qualche soddisfazione.
Non è possibile immaginare un futuro di foil wing se a disegnarlo è un fanatico della trireme dolore e spavento e puzza di sudore dal boccaporto, soprattutto quando insistere su un certo sistema di gioco e soprattutto su una certa cultura calcistica significa deprimere, depotenziare e deprezzare i pochi elementi di qualità presenti nella rosa.

L’alternativa Conte è solo leggermente migliore. Rispetto ad Allegri è sicuramente un tecnico maggiormente in grado di raddrizzare certe sbandate, correggere le derive ed evitare l’ingavonamento, ma in termini di costruzione rimane, anche in questo caso, l’esempio di un calcio con dei grossi limiti.
È anche possibile che una ciurma di giovani e semisconosciuti agli ordini del salentino possa avere maggiori probabilità di doppiare la boa della qualificazione alla CL di quante non ne abbia col livornese al timone, e in questo modo fungere quasi da garanzia per una continuità di risultati in ottica finanziaria. Non lo so, ma ogni giorno che passa a Londra senza che si parli di rinnovo mi sembra un giorno in meno all’approdo sulle coste di quella che sembra essere la sua vera casa.

Per ora c’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole, andiamo avanti tranquillamente.

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