La leggenda del corto muso

La leggenda del corto muso

Facciamo finta di essere sani. Che vada tutto bene. Che il pasticcio sulle plusvalenze e sugli stipendi dilazionati non produca disastri. Che il cambio al vertice della società non sia, anche, una faida famigliare che trascina la Juventus in un loop di eterni ritorni, ritorsioni e rivalse, anche personali. Che si possa parlare esclusivamente di calcio.

Dimentichiamo tutto per un attimo e spendiamo due parole sul nostro mister Allegri. Allegri il quale, come un ronzino ancora da domare, si è impennato improvvisamente cercando di togliersi di dosso il fardello dei luoghi comuni sul corto muso. Scatenando il fatidico dibattito. Cercheremo a tal proposito di non abusare delle metafore ippiche, benché la tentazione sia sempre forte da quando il mister ha sdoganato i paragoni tra la Juventus e Minnesota e tra i suoi giocatori e i cavalli da mandare al pratone.

Dunque Allegri si ribella ai cliché. Improvvisamente una folta schiera di avvocati difensori ci ricorda che il paragone non riguardava gli 1-0 ma la vittoria in campionato: chissenefrega di stravincere, era il messaggio di Max, basta un punto. Se è in più, hai vinto, se è in meno hai perso. Il calcio è semplice.

Ma c’è di più. Viene fuori che anche parlando di punteggi, il corto muso sarebbe una leggenda metropolitana. Si scopre che allenatori accreditati alla scuola del belgiuoco o, quantomeno, a quella del calcio offensivo (per non far nomi: Conte e Sarri) hanno in carniere più vittorie risicate di Allegri. Il rischio è quello di comparare le mele con le pere, perché gli attacchi (e, più in generale, le rose) che ha avuto a disposizione Conte non sono esattamente gli stessi che ha avuto a disposizione Allegri; perché Sarri ha allenato solo un anno (con pandemia in mezzo e con mezza squadra contro); perché il confronto è limitato agli allenatori della Juve; perché un 1-0 è diverso da un 2-1. Ma insomma, un dubbio è stato istillato: vuoi vedere che il povero Max è stato preso in giro ingiustamente?

A questo punto però c’è però da farsi anche un’altra domanda, anzi sarebbe opportuno che qualcuno che può la facesse al diretto interessato: ma Max Allegri, questa etichetta di difensivista, la rifiuta o la rivendica? Perché il paradosso pare essere questo: il mister labronico sembra effettivamente soffrire certe critiche, ma reagisce con provocazioni che tendono ad alimentare proprio i pregiudizi che paiono infastidirlo.

Partiamo da un dato di fatto: da tempo tutte le esternazioni di Allegri, tutte senza eccezioni, convergono nell’associare la sua persona a un’idea di calcio un po’ retrò, preoccupato soprattutto della fase difensiva, in cui la prestazione si esaurisce nel risultato. Le usciste snobistiche sull’utilità delle statistiche. Il corto muso. L’invito a cercare lo spettacolo al circo. Il campo in discesa e i rimproveri pubblici ai giocatori che non difendono. Le battute sull’essere troppo bellini. La costante associazione tra vittoria e sofferenza. Eccetera.

Non deve quindi stupire troppo che il significato di corto muso si sia allargato fino a rappresentare tutto questo cloud di parole e concetti dove “velocità”, “spettacolo”, “dominio” non trovano posto o sono oscurati da “equilibrio”, “sofferenza”, “calma”. Non deve stupire che sia diventato sinonimo di una filosofia di gioco, tanto da essere esplicitamente citato da Andrea Agnelli nella conferenza stampa che celebrava il ritorno di Max sulla panchina bianconera, “perché lui sa come si vince”.

Fino a ieri Allegri non aveva mai smentito questi luoghi comuni, almeno a parole. E nei fatti?  Allegri afferma che accetta le critiche ma che sui numeri non c’è margine di discussione e i numeri dicono che lui ha sempre avuto la miglior difesa e il secondo miglior attacco. Ciò non è del tutto esatto, visto che nello scorso campionato l’attacco della Juve non è stato il secondo, né il terzo, né il quarto, ma addirittura l’undicesimo. Si potrebbe comunque obiettare che, in serie A, con una squadra sistematicamente superiore – e dotata di un eccellente reparto offensivo – essere sistematicamente secondo per gol segnati è già di per sé un indizio.

Ma né le vittorie di corto muso né i gol segnati sono di per sé sufficienti a includere o escludere Allegri dal novero dei catenacciari. Premesso che non esiste una definizione di bel gioco, possiamo far ricorso a qualche indicatore statistico per capire se i cliché sul difensivismo allegriano hanno un qualche fondamento? Sappiamo che i numeri se adeguatamente torturati confessano qualsiasi cosa, quindi resta sempre un margine di interpretazione dei dati. Ma questi, checché ne dica Allegri, sembrano confermare certi luoghi comuni.  Possesso palla, baricentro medio, azioni nella trequarti e nell’area avversaria, tiri in porta, occasioni da gol: in pressoché tutti gli indicatori sulla produzione offensiva la Juventus di Allegri non è mai stata ai vertici della serie A. Se prendiamo un indicatore come gli xG, Allegri perde il confronto sia con Sarri e Pirlo, sia con gli altri allenatori della serie A.
Prendiamo la tabella seguente, che include anche gli xGA (expected goal concessi, indicatori della prestazione difensiva):

Stagione Allenatore xG Classifica xG xGA
22-23 Allegri 33,6 6 24,9
21-22 Allegri 51,4 9 38,1
20-21 Pirlo 74,3 2 39,4
19-20 Sarri 71,1 3 44,9
18-19 Allegri 60,7 5 35,8
17-18 Allegri 55,3 6 27,4

Per quanto rozze possano essere queste statistiche, restituiscono un’immagine che riconosciamo in quel che vediamo sul campo: una squadra che concede poco e crea ancora meno. Equilibrata, efficace, cinica, da un lato. Compassata, pavida, sparagnina dall’altro. Quando va tutto bene, prevalgono le prime qualità. A volte restano in evidenza solo le seconde. Quanto agli xG, tutte le Juventus degli ultimi dieci anni hanno sovraperformato, ma lo scarto tra atteso e realizzato è molto più marcato nelle stagioni di Allegri, a suggerire che davvero il suo calcio confida molto nella giocata del singolo (e che i singoli che ha a disposizione non sono poi così male, visto che segnano di più di quanto ci si potrebbe aspettare date le occasioni create).

Possiamo chiamarlo di corto muso o in mille altri modi, ma certo non un calcio generoso verso lo spettatore. Sarebbe interessante sapere se Allegri si riconosce in queste definizioni.