Dopo aver finalmente fatto trascorrere una sosta Nazionali tranquilla al Mister, si torna in campo in uno Stadium gremito in ogni ordine di posti per proseguire la striscia positiva e lanciarci sulle tracce di un quarto posto che domenica sera potrebbe essere a soli 6 punti (impossibile pensarne meno grazie ad una Samp corsara a Roma, sarebbero quattro sconfitte negli ultimi cinque turni per Mou – in pratica avrebbero vinto solo con noi –, ma non nego che sarebbe assai divertente…).
Acciuga presentando la sfida più importante della stagione prima della prossima ribadisce con fermezza i 56 punti sul campo, racconta dell’indigestione di entusiasmo delle ultime settimane perché le vittorie vanno godute, rammenta che nel calcio quello che si è fatto sul campo rimane ma poi si parte dallo zer’azzero e narra di una squadra scorbutica che ha messo in difficoltà chiunque, che corre e aggredisce e con la quale sarà necessario mettersi al pari livello loro sotto l’aspetto fisico.
E no, non sta parlando dell’Atlético Madrid del colchonismo puro ma di quel Verona che ha perso 16 partite con il secondo peggior attacco e la quinta peggior difesa del torneo e che, a ben vedere, è dietro la Juve anche in tutte le classifiche di rendimento atletico (e ce ne vòle).
È tutta questione di approccio mentale, dice, se riusciamo a restare in partita poi nel finale usciranno le qualità.
Il solito fortino fino all’88esimo, insomma.
So che non ve l’aspettavate ma anche stavolta Pogba gioca la prossima. O anche dopo.
A precisa domanda della sua nemesi Fabiana Della Valle accanita e concentrata come d’abitudine nella settimanale seduta di esfoliamento della prostata del Mister, il nostro si rabbuia, l’arcata sopracciliare collassa, la mascella fibrilla, la mandibola vacilla, gli difetta perfino la favella, mentre col tono di chi racconta di un parente ormai agli ultimi spiega che l’adduttore sta bene (alé) ma poi bisogna vedere come reagirà il ginocchio (nnnooohhh) e che quindi non si sa quando rientrerà…
Intanto siamo a sette-mesi-sette. Rivedremo prima Jeremy Renner.
Per un Pogba che non ce la fa, un Milik che rientra. Ma restano ai box anche Chiesa, che dovrebbe tornare martedì e Bonucci ormai pronto alla traslazione al civico 6 di via Accademia delle Scienze, dove verrà archiviato a fianco delle ceneri di Kaio Jorge.
Ai non disponibili si aggiungono anche Arthur Shelby Paredes e il Duca Rabiot, regalando al Mister un centrocampo tutto da disegnare e probabilmente consegnato ad un manipolo di giovinastri.
Tra i rientri dalle Nazionali troviamo un Kostić mezzo appiedato, un Di Maria finalmente riemerso dai bagordi nelle pampas ma ancora a rischio alcool-test e soprattutto un pimpante Vlahović con tre gol in un centinaio di minuti che potrà finalmente imparare come si gioca a calcio da quell’iradeddio che corrisponde al nome di Adolfo Julián Gaich (due gol in carriera, e ci ricordiamo tutti del secondo).
Ve lo dico subito come andrà: Juve molle e in sterile e noioso controllo cercando di non affaticarsi troppo in vista di martedì tanto prima o poi qualcuno segna, poi gol degli scaligeri, risveglio dei nostri, affanno, corse a caso, sostituzioni accazzo, secondo gol in contropiede, occhio pallato, espulsione di Kean, sottolacurva, profluvio di tweet uniti-testa ai cartonesi-finoallafine.
Juve in campo con:
Szczęsny; Gatti, Bremer, Danilo; Cuadrado, Fagioli, Locatelli, Miretti, Kostić; Kean, Vlahović.
Risponde il Verona con:
MontiMontiMontipò; Dawidowicz, Hien, Ceccherini; (l’amato) Faraoni, Taméze, Veloso, Doig; Ngonge, Duda; Gaich.
Della Juve leggo solo il televideo e gli spifferi delle procure, che faccio stasera?
Il film più recente ciavrà cinquant’anni, ma n’è meglio ‘na pizza?
Su Nove alle 21.35 l’indimenticabile Sergio Leone dirige il capolavoro Giù la testa, film manifesto della caduta della dirigenza juventina durante la rivoluzione Čeferiniana, tra terroristi dei social, rapinatori di scudetti, estorsori e banditi delle procure. Finirà con un botto.
Altrimenti su RaiMovie alle 21.10 c’è Pane e tulipani, di Silvio Soldini, con l’immenso Bruno Ganz nei panni di un attempato (che poi non ciaveva manco 60 anni, ma Bruno era uno di quelli mai-stati-giovani, tipo Gene Hackman, per intenderci) cameriere che incoccia casualmente nel pizzino Licia Maglietta dimenticato da Paratici all’autogrill e se lo porta dietro per tutta una Venezia quasi più rurale che acquea, tra investigatori improvvisati, massaggiatrici olistiche, fioristi anarchici, venditori di cessi, balli nei campi, corde saponate, fisarmoniche e una voglia mai sopita di ricominciare, un po’ come Maccs in Serie B. Il titolo è un chiaro omaggio ai doni che ci porteranno in carcere a processi conclusi.