Benvenuti alla partita più importante della stagione perché arriva prima della prossima. L’ha detto LVI.
Una partitaccia, chiariamocelo subito. Contro una squadra che se prendessimo solo le partite che ha vinto le avrebbe vinte tutte. E in quelle che ha pareggiato avrebbe il 100% di pareggi.
Fortissima, quindi.
Tanto è vero che se prendessimo solo il girone di ritorno oggi avremmo una squadra in Champions League ah, no, scusate, SALVA! Frèchete. Una squadra da rispettare, che subisce poco, che è pericolosa in contropiede, una partita pericolosa e che va affrontata con grande rispetto sennò poi perdiamo il buonumore. Pure voi?
Eppure una vittoria oggi significherebbe consolidare il secondo posto, per quello che serve, ma soprattutto scavare un piccolo solco con la quinta, andando a un +8 che da qui alla sentenza potrebbe perfino aumentare così da creare qualche grattacapo al giudice sportivo, ma nulla che una calcolatrice non possa risolvere.
Maccs fa un lavoro di sintesi, asciuga ancora di più il modo di intendere calcio: non servono più i 30’ giocati bene, quelli che bastavano fino a pochi giorni fa, la partita di giovedì ha placidamente rappresentato come ne bastino solo sei, magari gli ultimi, a dimostrazione che la tattica del fortino con annessa sculata nel finale (magari con la furfantesca tecnica, sapientemente descritta dal Gamba di Repubblica qualche giorno fa, della valanga su corner) sia il modello di calcio a cui aspirare in via definitiva. Serve solo evitare qualche gol prima, quei soliti ed antiestetici errori individuali, ed è fatta, l’anno prossimo a tentare di provare di riuscire di lottare di cercare di stare lì di vedere nel caso di se tutto va bene per lo scudetto ci siamo anche noi. Poi dipende dalla società.
L’aria che tira è quella di un massiccio turnover, per preservare le forze in vista del ritorno di Siviglia, l’ideale per affrontare la partita pericolosa di cui sopra.
Perin a parte, tra i giocatori di movimento si fanno i nomi di Rugani e Gatti in difesa ad accompagnare Sandro, Barbieri sulla fascia a prendere il posto del Panita, Paredes per il suo saluto di addio (incrociamo le dita) allo Stadium in vece di Locatelli, poi le due riserve de facto Chiesa e Milik davanti.
Chi ormai è alla schiuma, tipo Kostić e Rabiot, dovrebbe continuare finché non zompano i garretti nella faida personale Folletti Vs. Quelli-Che-Non-Si-Rompono.
Quindi, anche questa volta Pogba gioca la prossima. Acciuga diceva che aveva una mezz’oretta nelle gambe, forse intendeva che per 30’ riesce almeno a stare in piedi senza l’ausilio del deambulatore, ma come abbiamo visto giovedì la differenza tra un non morto e diversi semivivi può dimostrarsi a tratti eclatante.
Ma tra gli infortunati torna ad annoverarsi Bonucci, per il quale si sperava nel drammatico esito stagione finita (e che magari introducesse l’argomento carriera finita – almeno a Torino) ma che, pare, dopo il traguardo storico raggiunto contro gli andalusi potrebbe ripresentarsi a sculettare per l’eventuale finale ungherese.
Maccs si dice orgoglioso di averlo avuto per tanti anni, anche se con qualche attrito (l’amore non è bello se non è litigarello), un giocatore straordinario, lo descrive, in grado di giocare anche quando non può (e purtroppo quando non dovrebbe).
Rientra invece tra i pienamente disponibili Kean, dopo squalifica e infortunio che ne hanno frenato la stagione, per l’ennesima volta.
La Cremonese, forte di quella striscia positiva che nelle ultime sei partite la vedrebbe lottare per i primi posti, con le vittorie su Empoli, Samp e Spezia e i pareggi con Milan e Verona (e il tracollo a Udine), lamenta le assenze di Pickel (squalificato), uno dei fulcri della mediana grigiorossa e di Tsadjout (infortunato).
Juventus dal fortino a palle catenate in campo con:
Perin; Gatti, Rugani, Sandro; Barbieri, Fagioli, Paredes, Rabiot, Kostić; Chiesa, Milik.
La Cremonese con la magnifica idea di incartarcela ballardinianamente all’impronta del belgiuochismo risponde con:
Carnesecchi; Sernicola, Chiriches, Lochoshvili, Vásquez; Castagnetti, Meïté; Benassi, Galdames, Okereke; Ciofani.
Non mi si appiccia manco più il televideo, che faccio?
Abbeh, iniziamo alle 21.20 su Italia1 con Edge Of Tomorrow, da noi Senza domani, film che si colloca nel filone dei loop temporali e che documenta con dovizia di particolari la vita del tifoso juventino (qui interpretato da Tommaso Crociera) che si alza ogni mattina e si ritrova sempre la stessa penalizzazione e nessuna possibilità di futuro. È diretto da Doug Liman, uno che a fare ‘sti filmetti sparacazzottoni è anche bravino (Mr. & Mrs. Smith, The Bourne Identity, Barry Seal, tra le sue cose), classico prodotto da domenica sera col cervello fritto.
Invece di tutt’altra pasta è La isla mínima, di Alberto Rodríguez Librero (un altro suo titolo niente male è El hombre de las mil caras), film che somiglia molto nella descrizione a quel Texas Killing Fields di qualche partita fa. Anche in questo caso si parla infatti di paludi, spagnole stavolta, di ragazzine scomparse, di serial killer e di due poliziotti inviati a risolvere il caso, nel più classico degli accostamenti.
Ma la dicotomia tra i due, ritrito topos del film di genere, è qui una rappresentazione dell’epoca in cui il film è ambientato (1980, i primi anni del post franchismo) e che li vede incarnare tra innumerevoli contrasti le due anime politiche (e sociali) in cui la Spagna dell’epoca si divideva. Su Cielo, alle 21.25.
